Ieri mattina, a Palazzo Chigi, chiamati dal Presidente Conte e dalla Ministra dell’Istruzione Azzolina, sono intervenuti sul tema della scuola Eraldo Affinati, Concita De Gregoria, Paolo Floris d’Arcais, Ernesto Galli della Loggia, Miguel Gotor, Marco Lodoli, Alberto Melloni, Michela Murgia, Corrado Augias.
Scrive quest’ultimo su Repubblica di oggi, venerdì 24 luglio:
“Dei grandi ammalati dell’Italia, pubblica amministrazione, Giustizia, Sistema Sanitario, la Scuola è quello da cui dipende più di ogni altro l’avvenire. Che cosa sarà di questo paese, e gli Italiani, nei prossimi decenni, si decide oggi nelle classi della scuola media, nelle aule delle università. […] Dall’edilizia, al prestigio (e retribuzione) degli insegnanti, dalla dispersione scolastica all’efficacia dei vari insegnamenti, dalla sfida della cultura digitale all’effettiva professionalità di chi sta in cattedra, dall’ingerenza spesso dannosa delle famiglie, all’educazione sessuale nell’età del porno dilagante, alle discriminazioni di genere. […] Si può davvero dire che praticamente tutti i problemi sono stati posti sul tavolo. Definire una scuola una grande ammalata non significa che tutto vada male. Non è così: ci sono ragazzi diplomati in una scuola media italiana che primeggiano nelle università straniere; alcuni centri di ricerca (compresi quelli sul vaccino anti Covid) sono all’avanguardia; medici laureati in Italia guadagnano posizioni negli ospedali di mezzo mondo. E’ il bilancio complessivo ad essere preoccupante. L’Italia compare sempre nelle ultime posizioni per livello medio di acculturazione. Le lingue straniere vengono insegnate male, la musica ignorata, l’integrazione digitale insufficiente, la dispersione scolastica drammaticamente alta. Quando il filosofo Giovanni Gentile, quasi un secolo fa, impostò la sua riforma impose una visione precisa (ha retto detto per la cronaca fino agli anni sessanta). Il liceo classico era il vertice del sistema con il compito di trasmettere la cultura umanistica; tutto il resto veniva dopo […] una riforma di quel tipo oggi sarebbe improponibile, tuttavia l’economia italiana, i bisogni del paese, la concorrenza mondiale, chiedono a vari livelli una preparazione tecnico scientifica che la scuola non dà abbastanza. […] La scuola dovrà rimediare a queste lacune se non si vuole che l’Italia continui a scivolare verso il basso delle classifiche. […]”
Fonte: La Repubblica del 24/07/2020 – Corrado Augias