Ieri
Bastavano i cinque anni delle elementari per decidere del tuo futuro e le maestre erano determinanti per testare l’attitudine agli studi. I maestri esistevano ancora e l’era delle bacchettate, del “vai dietro la lavagna”, “in ginocchio sui ceci”, “in piedi con le braccia alzate” appena dietro l’angolo, mentre il libro Cuore prendeva finalmente un retrogusto Ottocento. Era scontato che le strade si sarebbero divaricate subito dopo la licenza elementare e quelli che avrebbero continuato a studiare, pochi, si avviassero al Ginnasio mentre le masse sarebbero andate a lavorare transitando per l’Avviamento. Erano gli anni 50 e si usava così. Poi, d’improvviso, come nel Mago di Oz, arriva un vento forte e nuovo ed ecco la Media Unica, che l’abolisce l’Avviamento e innalza l’obbligo scolastico a 14 anni. Sempre meno bivi precoci, sempre più eguaglianza e fiducia nella crescita, individuale e sociale, negli anni 60 in cui tutto cambia.
Oggi
Le carte si sono parecchio rimescolate e si fatica a capire dove stiamo andando nel mondo globale. Molto a spasso, sicuro. Si dice che in Italia i giovani siano senza prospettive e senza lavoro, che il precariato dilaghi e i cervelli fuggano in luoghi più accoglienti per il merito e le carriere, Come Londra e Parigi, ma anche Barcellona e Madrid, per non parlare dell’Australia o di New York. Poi scopri che al Cern di Ginevra, il celebre Istituto di ricerca di fama mondiale, gli italiani, molte donne, sono la maggioranza e quotatissimi. Forse allora non è la scuola a sbagliare, anche se molte cose sono da migliorare e parecchio. Forse i mondi del lavoro e dello studio, sono ancora troppo separati e su questo mancano studi seri e politiche per applicarli.