18 SETTIMANE NON SEMBRANO SUFFICIENTI

Con la circolare 84 pubblicata nella notte di venerdì, l’Inps fa il punto della situazione sulla cassa integrazione ordinaria e sul Fis (Fondo di integrazione salariale) con causale Covid, e riassume il percorso che le aziende devono fare per sfruttare tutte le 18 settimane previste dalla normativa.

La circolare spiega che in generale i datori di lavoro che nell’anno 2020 utilizzano la cassa per l’emergenza sanitaria possono presentare domanda di concessione del trattamento Cigo o Fis con causale «Covid-19 nazionale», per una durata di 9 settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, incrementate di ulteriori 5 settimane nel medesimo periodo per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito il periodo precedentemente concesso di 9 settimane. È inoltre possibile usufruire di ulteriori 4 settimane per periodi anche antecedenti al 1° settembre 2020 per i soli datori di lavoro che abbiano interamente fruito delle 14 settimane precedentemente concesse (periodi più lunghi possono essere concessi per quelle aziende o quei lavoratori che operavano nelle cosiddette zone rosse).

Esistono però ad oggi tre particolari criticità.

  1. Il ritardo delle istruzioni operative e la complessità delle procedure di autorizzazione continuano a rendere molto lento il pagamento della cassa integrazione ai lavoratori. Fortunati sono solo quei lavoratori che operano in aziende che hanno potuto anticipare gli importi di cassa per poi compensarli con i contributi dovuti; ma nel caso di pagamento diretto da parte dell’Inps ai lavoratori, i ritardi sono notevoli. Lo dimostra il dato che l’Inps ha reso noto: dei 32,6 miliardi di euro assegnati all’Inps dai decreti Cura Italia e Rilancio risultano impegnati solo 16,5 miliardi (50,6%). E’ evidente l’impegno di una mole di risorse che non ha precedenti nella storia italiana, ma anche un preoccupante ritardo nelle procedure di autorizzazione.
  2. Se i ritardi si accumulano il tempo scorre; molte aziende che hanno sospeso o ridotto la loro attività ai primi di marzo proprio in questi giorni vedono concludersi le 18 settimane di richiesta cassa integrazione Covid. E dopo? Non sono previste proroghe e la circolare Inps 84 ricorda che al momento le aziende possono ricorrere agli strumenti ordinari di Cassa Integrazione di Fis. E’ infatti in ogni caso possibile accedere alle integrazioni salariali ordinarie per mancanza di materie prime o di commesse, anche quando il determinarsi di dette causali sia riconducibile ai perduranti effetti dell’emergenza epidemiologica. In questo caso però, si applicano i limiti previsti dal Dlgs 148/2015 compreso l’obbligo di versamento della contribuzione addizionale (esclusi gli eventi oggettivamente non evitabili). L’Inps spiega che tenuto conto del carattere eccezionale della situazione in atto, qualora l’azienda evidenzi il nesso di causalità tra l’emergenza sanitaria e la causale invocata (circostanza non difficile), la valutazione istruttoria «non deve contemplare la verifica della sussistenza dei requisiti della transitorietà dell’evento e della non imputabilità dello stesso al datore di lavoro e ai lavoratori». Staremo a vedere, ma  si ritiene opportuna una proroga delle 18 settimane fin qui stabilite.
  3. Anche perché la circolare 84 si occupa solo delle aziende che possono richiedere la cassa integrazione o il Fis. Nulla si dice per quelle aziende, le più piccole (di norma sotto i 5 dipendenti), che terminate le 18 settimane sono prive di ogni ammortizzatore sociale e si trovano nella impossibilità di licenziare almeno fino alla metà agosto (decreto rilancio) cosa del resto che nessuno si augura. Urgono immediati provvedimenti per queste aziende.